La Grande Roma dei Tarquini fu una città florida e in vorticosa costruzione. Le opere pubbliche dei Tarquini, così maestose da portare l’aggettivo maximus, ancora persistono nella Roma dell’ormai 2019 (per chi volesse toccare come San Tommaso per credere, si consiglia una bella gita ai Musei Capitolini). L’ultimo Re, il Superbo”, fu uno dei più attivi, e proprio per questo, una volta cacciato, tentò in tutti i modi di riprendere il potere.
Nel bel mezzo della stesura della mia tesi di laurea, sulla maestosa città di Caere (Cerveteri), mi sono imbattuto nuovamente, più per curiosità che per pertinenza, nel racconto del contrattacco di Tarquinio il Superbo a Roma, e, come spesso accade, ho notato una interessante coincidenza.
Partiamo dal testo (parti riportate liberamente del libro II di Tito Livio, paragrafo 6):
Tarquinio cominciò a girare per le città d’Etruria implorando aiuto; si rivolse soprattutto ai Veienti e ai Tarquinesi. […]. Queste argomentazioni ebbero effetto sui Veienti […] mentre altre ebbero effetto sui Tarquinesi.
E così i due eserciti delle due città seguirono Tarquinio al fine di riconquistare il regno e di muover guerra ai Romani. […].
(Giunio) Bruto era andato in avanscoperta con la cavalleria. Similmente la schiera etrusca, guidata al figlio dell’ex re Tarquinio, Arrunte. Questo, quando individuò il console Bruto, grazie ai littori, infiammato d’ira, in sella al suo cavallo rampante tuonò: “QUELLO è MIO!!!!!” . Ci fu uno scambio di sguardi minacciosi. “L’uomo che ci ha bandito dalla patria. Eccolo che avanza, fregiato dalle nostre insegne!!! O dei vendicatori, assistetemi in questo attacco”. E partendo all’attacco, scatenò la sua furia tremebonda, tanto che sembrava passata una tempesta dove passava. Bruto s’accorge che l’attacco era diretto a lui, e si gettò con onore nello scontro; i due s’affrontarono con tanta furia che furono incuranti del difendere la propria vita, e colpiti da entrambi da un colpo che trapassò gli scudi, stramazzarono morenti da cavallo, rimanendo attaccati alle due aste. […].
Si combatté tra i due eserciti con alterne vittorie e quasi egual successo: l’ala destra fu vittoriosa da entrambe le parti, la sinistra sconfitta. I Veienti, soliti ad esser battuti dai soldati romani, furono sbaragliati e messi in fuga; i Tarquinesi, nemico nuovo, non soltanto resistettero, ma nel loro settore respinsero i romani.
Tralasciando purtroppo l’entusiasmante fase dello scontro tra due grandi generali, che ho riportato (troppo pathos!), sono delle parole, apparentemente innocue, ad aver colto la mia attenzione.
Tarquinio si rivolse soprattutto ai Veienti e ai Tarquinesi. Questa frase di Livio evidenzia, a parer mio, il naturale conflitto che Roma era destinata ad avere tra queste città etrusche, soprattutto per motivi “geopolitici”. In questa frase io vedo chiaramente le vicende successive di Roma contro gli etruschi, dalla presa di Veio nel 396, fino alle guerre etrusco-romane del IV secolo contro Tarquinia. Infatti quando Livio aggiunge in calce che i Tarquinesi respinsero i romani, sempre a parer mio, riecheggia le vittorie Tarquinesi a metà del IV secolo, proprio contro Roma. Particolare che conferma questa mia ipotesi, la frase apparentemente innocua sui Veienti “soliti ad esser battuti dai soldati romani”: frase esatta solo nel IV secolo a.C., dato che i Veienti, non sono per nulla soliti esser sconfitti dai romani, chiedere ai poveri Fabi per credere, visto che nel 477 a.C. verranno massacrati dai “soliti ad esser battuti”. Ultimo punto interessante è la totale assenza di Caere nello scontro. Difficile pensare che una città del genere non avesse preso parte allo scontro, anche se solo letterario e mai avvenuto, trovandosi tra Tarquinia e Veio, ed essendo alleata di Roma, tanto che Tarquinio il Superbo, una volta cacciato da Roma, riparò a Caere, che però si affrettò ad accompagnarlo alla porta, essendo alleata proprio di Roma. Proprio per questo, l’atteggiamento ambiguo dell’odierna Cerveteri, descritto da Tito Livio, ricalca la situazione del IV secolo a.C. Situazione di cui magari, parleremo un’altra volta…
A. Ercolin
8/1/2019
Interessante, anche se, ipotizzando che l’esercito alleato ( Veio, Tarquinia ) abbia battuto i Romani in quel frangente, di sicuro non parliamo di una battaglia risolutiva. Tito Livio, appoggia come è ovvio che sia la fazione romana, esaltandone le gesta e il valore, ma se successivamente Tarquinio dovette chiedere l’aiuto del potente Porsenna per cercare di tornare a Roma, ritengo che tutto sommato non dica il falso.
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Buonasera Giuseppe. In realtà il mio discorso è leggermente diverso. Il mio interesse non è riguardo l’evento storico in sé, ma su come venga raccontato e perché; tutto nato sulla falsariga dei ragionamenti fatti su Mezenzio ed Enea nell’Eneide. Il discorso è abbastanza pericoloso, e proprio per questo mi sono limitato a indicare alcune particolarità. Detto questo, a mio parere, la Roma arcaica aveva ben poca autonomia, e sempre a parer mio, era sotto “lo sguardo vigile” di Veio, per voler usare un eufemismo.
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